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Appunti per un’ipotesi ritualistica della “caccia alla bufala” a Pofi

Nei tempi andati, nella terza decade di agosto si svolgeva a Pofi la cosiddetta “caccia alla bufala”, una specie di giostra sui generis, che aveva a protagonista, suo malgrado, una bufala prelevata dai pascoli di Priverno, e che coinvolgeva l’intera cittadinanza in una atmosfera di esaltazione e rumorosa esultanza. La bufala, legata con due resistenti funi veniva trascinata per le strade del paese, tra schiamazzi provocazioni e maltrattamenti fino a Piazza Municipio, dove prendeva corpo la “caccia” vera e propria. Come scrive Roberto Scurpa in un prezioso articolo pubblicato sulla rivista Lazio ieri e oggi, n. 7, luglio 1972, “Con drappi rossi e con pelli di montone, i più arditi … si facevano avanti alla bufala per aizzarla. L’animale abbassava la testa fiutando in terra per alcuni istanti. Sembrava che s’intestardisse non più muovendosi; ma, di scatto, alzando le due zampe anteriori …. Furente s’avventava contro i suoi assalitori e schernitori…” Insomma, la vivace descrizione ci restituisce non solo l’atmosfera esagitata di una “giostra” consumata a danno di un animale imbrigliato, ma anche le ripetute angherie e sofferenze inferte allo stesso, la cui sorte, prestabilita, era la macellazione, successiva all’avvenuta frollazione in vita delle sue carni selvatiche.

La “caccia” alla bufala presenta indubbiamente aspetti che la possono accostare ad una specie di  rozza corrida rusticana ma, a mio modesto parere, questi non bastano ad accreditare l’ipotesi, da alcuni caldeggiata, che le sue origini scaturiscano da una sorta di imitazione alla buona dello sport nazionale degli spagnoli, la corrida. Ritengo che ci sia, infatti, la concreta possibilità che dietro la “caccia” di Pofi (così come dietro la consimile “giostra” della bufala di Ceccano) si affaccino indizi sufficienti ad evocare sopravvivenze di antiche usanze e riti stagionali tipici del folklore europeo.

Mi cimenterò ad esemplificare, compatibilmente con i limiti di spazio imposti dalla stessa natura divulgativa dell’intervento, alcune considerazioni atte a suggerire un tracciato di ricerca.

Innanzi tutto, già il carattere di periodicità annuale della “festa” – terza decade di agosto-suggerisce una relazione con le usanze ed i riti legati al ritmo stagionale delle società contadine.

La morte dell’animale non sopravveniva per un atto di conclusiva abilità da parte di un determinato antagonista umano, dominatore dello spettacolo (come il torero spagnolo!), bensì per mezzo della molto meno spettacolare ma ben più utile macellazione a scopo di nutrimento della massa popolare.

Numerose sono, inoltre, le analogie con le usanze europee (e non solo europee), documentate dal folklore, legate alla mietitura e ai riti in onore di divinità della vegetazione, come Dioniso, Demetra, Adone, Attis e Osiride.

Sarà opportuno ricordare che nel folklore lo spirito del grano è il più delle volte concepito e rappresentato in forma animale e, spesso, nell’aspetto di toro o di bufalo. Citando da Il ramo d’oro di Frazer, “Lo spirito del grano, sotto forma di toro o di bove, viene anche ucciso sul campo della mietitura”; parte della carne veniva spesso mangiata al pranzo della mietitura, parte veniva salata e conservata. Questi ed altri esempi, secondo il Frazer, dimostrerebbero chiaramente il carattere sacramentale del pranzo della mietitura e, ancora, il rapporto che avevano alcuni animali (principalmente toro o bufalo) con le antiche divinità della vegetazione (Dioniso in primis).

In definitiva, tornando alla caccia della bufala, o anche alla giostra della bufala, potremmo ritenerci paghi di avere suffragato almeno la plausibilità dell’ipotesi che tale usanza possa essere spiegata come un fenomeno di sopravvivenza, nel costume popolare, e di adattamento nel tempo, di alcuni aspetti particolarmente significativi di antichi rituali stagionali. In modo particolare, ricorderemo, da una parte, che la data dell’evento, a Pofi come a Ceccano, veniva a coincidere approssimativamente con i periodi critici del lavoro dei campi, quando cioè, nei tempi più antichi, si effettuava il rituale dell’uccisione dell’animale che impersonava lo spirito del grano; da un’altra, che la bufala della caccia/giostra, alla fine della sua drammatica vicenda, veniva macellata e quindi mangiata dal popolo, alla stessa maniera dei tori o dei bufali consumati nei riti celebrativi della fine della mietitura  e nei riti agrari in onore di Dioniso.

Alfonso Cardamone

Video – Festa di Sant’Antonio Pofi
Video -Ciociaria. La festa di Sant’Antonio a Pofi con la tradizionale caccia alla bufala. 

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